Resoconto non richiesto della prima assemblea

Per aggiornare coloro che non avevano potuto essere presenti alla prima riunione tenuta dal preside di Facoltà (e che ebbe un gran successo, essendo stata riempita l'aula magna completamente), mi affido alla poca memoria e agli appunti ingarbugliati presi quel giorno, e tiriamo un po' le fila dei discorsi affrontati.
L'attenzione si era focalizzata sin da subito sull'Università dell'Insubria, siccome protagonista degli articoli della stampa di quei giorni era la polemica attorno al voto in sede di Senato Accademico riguardo ad alcuni trasferimenti di professori: il preside di Scienze aveva infatti reclamato la non validità del voto in quanto sarebbe stato anticostituzionale rispetto alla legislazione universitaria.
(In particolare, sia Rettore che Rettore vicario avrebbero potuto richiedere la minoranza di blocco [1], vista l'astensione di tre dei cinque presidi di facoltà, che avrebbe invalidato la votazione: ma non lo fecero).
Il discorso partiva dunque da lontano: l'università dell'Insubria nasce con una legge dello Stato nel 1998; alla nascita comprendeva due facoltà: Scienze Varese (biologia) e Scienze Como (matematica-fisica-chimica). La motivazione per cui si scelse la via del bipolarismo è presto detta: il territorio richiedeva due sedi universitarie, le quali però non avrebbero avuto grosse chance di sopravvivenza a lungo termine, dato il piccolo numero di iscritti; un modello bipolare con pari dignità fra le due sedi sarebbe stato una panacea per ovviare a tali problemi. Così da Pavia giunsero a Varese i primi corsi, e da Milano a Como gli altri.
La pari dignità è sancita nell'accordo originario che diede il via all'istituzione dell'università: con le esatte parole riportate nel documento, si stabilisce che "il prevalere di una sede rispetto all'altra deve essere assolutamente scongiurato"[2]. Per legge, quindi, veniva previsto che la crescita avvenisse in egual modo per Como e per Varese; la pari dignità veniva stabilita anche per i fondi, che sarebbero stati destinati per il 50% alla sede varesina e per il restante 50% a quella comasca.
Tra le norme finali del documento, si parla della facoltà di Scienze Como: si prevedeva infatti che venisse "consolidata" (sic) la Facoltà di Scienze MM FF NN di Como.
Si legge in calce all'accordo: "Le clausole del presente accordo possono essere modificate solo con la firma di tutte le parti" che all'epoca firmarono il documento: ministero, rettore di Milano, rettore dell'università di Pavia, Camera di Commercio e Regione Lombardia tra le altre.
La tesi sostenuta dal preside di Facoltà e argomentata mediante queste informazioni era quindi l'incostituzionalità dello squilibrio nell'assegnazione dei fondi e dei paventati tagli alla Facoltà di Scienze Como.
Ma la materia di discussione più recente e scottante era il trasferimento di alcuni docenti a Varese, il che comporterebbe l'obbligo di chiusura di alcuni corsi di Laurea: è entrata infatti in vigore la riforma voluta dal MIUR che stabilisce un minimo numero di docenti per l'attivazione dei corsi di laurea.
Di nuovo, la tesi sostenuta fu la violazione degli articoli dell'accordo; infatti, se nel 1999 Scienze Va contava 39 docenti e Scienze Co 46, con i trasferimenti si giungerebbe a una situazione di 84 docenti (Va) contro 81(Co): una crescita quindi del 142% nel numero di prof varesini, contro il 61% dei comaschi; e ciò si opporrebbe all'articolo sopra citato, che stabiliva crescita equilibrata per l'una e l'altra sede. Se venissero accettate le richieste di trasferimento, Como rimarrebbe quindi con 74 docenti. La legge 270 (?) stabilisce che per aprire corsi di laurea (triennale+specialistica) in Fisica, Matematica e Chimica devono esserci almeno 20 docenti; mentre per le Lauree Triennali in Scienze Ambientali e Scienze della Comunicazione ne basterebbero 6, e 8 per la specialistica in Scienze Ambientali. Il numero minimo di docenti che può garantire la presenza dei corsi sopra detti è quindi di 80; attuando i trasferimenti, Scienze Como non potrebbe attivare tutti quei corsi.
Perché si è citato Scienze della Comunicazione? Perché in sede di Senato Accademico si votò per l'attivazione di questo nuovo corso di laurea a Como, che rientrerebbe sotto l'egida della Facoltà di Scienze.
Ma la votazione di cui si parla è ritenuta anch'essa non valida dal preside di facoltà: ci spiegò che all'ordine del giorno, punto 4.4, vi era l' "applicazione del DM270 e implicazioni conseguenti"[3], e sotto tale punto fu fatta rientrare la richiesta di trasferimento di 12 docenti di Scienze Como.
Lo statuto dell'università vuole che per i trasferimenti l'ultima parola spetti ai rappresentanti della Facoltà interessata. In particolare, a pronunciarsi avrebbero dovuto essere i presidi di Facoltà, che in quella votazione si astennero in maggioranza (3 astensioni su 5) poiché spingevano per la conservazione di uno fra i corsi di laurea in Informatica o Scienze dei Beni e delle Attività Culturali a Como; tuttavia il voto non fu annullato. Si pensò di arrivare a un compromesso: lasciare i docenti liberi di scegliere in quale sede insegnare, purchè i fondi non si trasferissero con essi, ma rimanessero a Como. Tuttavia il compromesso non venne accettato.
La soluzione ipotizzata per tentare di rimediare a quanto fin qui detto era il ricorso al TAR motivato da una violazione della legge istitutiva: una vittoria del ricorso sospenderebbe il provvedimento e obbligherebbe l'Ateneo a rivedere le proprie decisioni. Anche le istituzioni balenarono l'idea di fare ricorso contro la violazione degli accordi finanziari stabiliti nello Statuto e non ottemperati.
Tuttavia altre constatazioni gettavano ombre fosche sul futuro della facoltà in quei giorni: si parlava di pensionamenti imminenti. Ebbene, anche questo punto fu trattato: in effetti di qui a 4 anni si avranno 10 pensionamenti per raggiunti limiti d'età. La riforma dei fondi alle università [4] sancisce che le università che impieghino il 91% del fondo ordinario per stipendi, vengano private dei finanziamenti; tale soglia, in base ad alcune proiezioni, scatterà per l'università dell'Insubria nel 2010. Se il trend venisse confermato, oltre il 2010 non sarebbe possibile assicurare la conferma dell'offerta formativa per l'Insubria, in quanto la mancanza di fondi non permetterebbe il reclutamento.
Ma allora perché l'Ateneo propone riforme formative senza poter assicurare la permanenza futura dell'università?
Si era tornati, mediante questa domanda, ad analizzare la significatività di una Facoltà di Scienze dure a Como: supportata dagli enti locali per la vocazione manifatturiera della zona comasca, rinnegata dalle scelte di Ateneo che conterebbero di rimpinguare le casse proponendo Scienze della Comunicazione al posto di Informatica e SBAC.
Scienze della Comunicazione si era trovato a sua volta al centro dei dibattiti in merito ai trasferimenti: come motivazione dei trasferimenti, i docenti avevano spiegato di voler insegnare al corso di Sc. della Com. o Informatica a Varese, ma dovendo Scienze della Comunicazione essere aperto anche a Como, ci si domandava che senso avesse una tale motivazione.
In fin dei conti, una svolta era invocata: ma nel segno di una razionalizzazione sostenibile.
Anche di questo si parlò in Senato Accademico: vennero presentati tre diversi scenari di ristrutturazione dell'offerta formativa al fine di rientrare nei parametri ministeriali: ma nessuno di essi fu preso in considerazione. Nella visione peggiore, ci si restringerebbe ad avere a Como circa 60 docenti, il che garantirebbe di mantenere tre corsi di laurea 3+2: ma in tal caso bisognerebbe sacrificare Matematica o Scienze Ambientali.
Quasi in chiusura di assemblea, venne evocata un'azione meno recente del Senato Accademico che ebbe conseguenze ugualmente in contrasto con la legge istitutiva: all'epoca del ministero Moratti, una commissione ministeriale aveva redatto una valutazione nazionale (l'unica non autoreferenziale) della ricerca nelle università e nei dipartimenti. In base a tale studio, l'università dell'Insubria aveva conseguito il quarto posto fra i piccoli atenei per la Matematica, il settimo, con un punteggio superbo di 0.95 punti, per la Fisica, e il quarto per la Chimica. Da notare che fra i piccoli atenei si annovera la Scuola Normale Superiore di Pisa, sorpassata dai ricercatori comaschi nella classifica per la Chimica. Grazie ai risultati conseguiti dall'Ateneo in merito alla qualità della ricerca, venivano assegnati all'università dell'Insubria 6 nuovi posti.
Nonostante tali classifiche mostrassero una decisa affermazione della qualità della ricerca nel polo scientifico di Como, e benché il dipartimento varesino di Medicina avesse conseguito un modesto piazzamento (penultima fra i piccoli atenei), il Senato Accademico assegnò a Como 2 dei 6 posti disponibili, mentre i restanti 4 furono assegnati a Varese.
Con una panoramica piuttosto ampia su passato e presente dell'università, si giunse quindi alle fatidiche conclusioni concernenti il possibile futuro: nessuna possibilità di tagliare i costi se non tagliando docenti, perché così prescrive la 270.

Mi scuso per sviste/errori che forse potreste trovare in questo resoconto. In fatto di legislazione, burocrazia &co. sono decisamente ignorante.

[1] http://www.uninsubria.it/pls/uninsubria/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=562#orgacc

[2] http://www.uninsubria.it/uninsubria/allegati/pagine/4608/STATUTO_DEFINITIVO_AL_15.11.07.pdf

[3] http://www.uninsubria.it/pls/uninsubria/consultazione.mostra_pagina?id_pagina=7066
ciccare su odg 18/11/09 –il verbale non è stato ancora pubblicato sul sito…

[4] http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/7972Decret_cf2.htm


NORME INERENTI ALLA MOBILITA' INTERNA ED ESTERNA DEI DOCENTI: http://www3.uninsubria.it/uninsubria/allegati/pagine/1600/mobilita%20personale%20TA.doc