Contrordine. Per problemi sopraggiunti, il preside giovedì questo non può. Spostiamo l'assemblea a venerdì 18, anche se è un giorno della settimana un po' infelice. Solita ora, solito posto.
Io ero presente e posso solo riferire cosa mi sembra di aver capito:
L'intervento del professore Serra Capizzano è stato molto breve a causa di altri impegni. Ha ribadito che la situazione è oggettivamente difficile, e che si è di fronte ad una scelta di razionalizzazione: e questa può essere effettuata in modo intelligente, oppure far finta di niente, e lasciare che le cose degenerino giorno dopo giorno.
Si è riusciti ad inserire la questione a livello politico, sia provinciale che regionale e ministeriale, ma non si è ancora arrivati ad una soluzione.
Il problema principale dell'Insubria è quello di essere vicina agli atenei Milanesi, e da parte dei politici un distacco della facoltà di scienze potrebbe essere una possibile soluzione per risparmiare fondi.
Per risolvere questi problemi bisognerebbe rendere l'università appetibile per investimenti di imprese del territorio, che in questo modo potrebbero avere a disposizione un centro di sviluppo e ricerca molto avanzato.
In definitiva non ci sono novità importanti, ma si evince la volontà di rendere l'università stabile da parte dei vertici di Ateneo, anche se non ci sono ancora proposte concrete.
Infine, il nostro ruolo potrebbe essere quello di manifestare al Rettore, o comunque alle alte sfere, l'interesse da parte degli studenti della propria università, per far capire che a noi interessa il futuro (e il presente) dell'Ateneo.
A seguito dell'intervento, c'è stata una discussione tra gli studenti riguardo a come e perchè manifestare il proprio parere al Rettore. E' stata infatti distribuita una lettera che è stata firmata da alcuni dei presenti in cui si rendeva palese il pensiero degli studenti.
Sono sorte così delle discussioni se una lettera così posta non avesse dei toni un po' troppo emotivi, che non fossero adatti ad una lettera personale rivolta al Rettore. Si è proposto, in alternativa o congiuntamente, di mandare una lettera pubblica ai giornali spiegando la situazione dal punto di vista degli studenti.
Inoltre, data la presenza di un giornalista della provincia, si è discusso del peso molto spesso non equilibrato dato dai giornali alle notizie riguardanti l'università: si tende a tralasciare le notizie positive sull'Ateneo (come il buon piazzamento della facoltà rispetto a sondaggi nazionali) mentre si evidenziano quelle negative, e si tende così a dare una cattiva impressione generale su chi legge. Si è ribadito dicendo che, in tutti i sistemi di informazione, è normale che le notizie negative attirino più l'attenzione di quelle negative, quindi questo è un problema della stampa in generale.
Discutendo su problemi legati all'informazione, è emerso che non sempre le notizie positive riguardanti l'Università vengono divulgate, e quindi vi è la necessità di renderle note al territorio, anche se di questo compito non se ne possono occupare gli studenti.
Anch'io ho partecipato all'assemblea di venerdì. Essendo arrivata con qualche minuto di ritardo mi sono persa quasi del tutto l'intervento di Serra, su cui, quindi , mi astengo da commenti.
Per il resto, un'osservazione la farei.
Premetto subito di non voler accusare niente e nessuno: sono la prima a non aver parecchio tempo da dedicare alla causa tra studio e lavoro, quindi nella critica mi ci metto pure io, sia chiaro. Dalla riunione dell'altro giorno mi è parsa evidentemente una profonda mancanza di organizzazione. La cosa non mi sorprende, dal momento che l'atteggiamento dello studente medio di scienze è quello di rimanere prono sui libri sempre e comunque: una posizione in cui è facile farsela mettere in quel posto. È proprio così. Sconcertante oltre che paradossale: cosa studi a fare se domani non hai più un università dove fare esami? Succede dunque che i pochi pochi con un barlume di presa di consapevolezza non possono per forza di cose farsi carico di tutto. Ed il risultato è sotto i nostri occhi.
Preso atto di tutto questo, io la butto lì.
Se c'è davvero volontà di far sentire il nostro dissenso sarebbe necessario cambiare atteggiamento nei modi e nei toni. Faccio un breve elenco delle cose che si potrebbero fare:
1.Costituire una sigla qualunque sotto cui riconoscersi tutti tipo No Chiusura, No Qualcosa, giusto perchè il nome rimanga in mente e di avere un minimo di autonomia. 2.Trovarsi con cadenza settimanale (il che aiuta anche gli scienziati impegnatissimi ad organizzarsi e tenersi un momento libero) e con un ordine del giorno, in modo da sapere ciò di cui si parlerà. Per esempio il prossimo odg potrebbe essere dedicato alla redazione delle lettere per rettore e giornali. 3.Volantinare! Creare una breve volantino esplicativo della situazione e della posizione che gli studenti, i ricercatori, i professori hanno. Scommetto che un sacco di gente non ha idea di quello che sta succedendo. Inoltre ciò potrebbe aiutare a far proseliti. 4.Sin ora la protesta è stata pacata, per non dire istituzionale. Ci si riunisce alle 13.00 per non interrompere la didattica, si chiede un'aula, si esce dalla stessa se è finita l'ora in cui stata prenotata, ma non la discussione. Capisco, siam tutti moderati per indole, ma se non si disturba nessuno, nessuno ci nota. Non dico che si debba occupare, guardiamo in faccia la realtà, però un minimo di intraprendenza non sarebbe male. Per dire, troviamoci al piano -1, o in un open space, in modo che anche qualsiasi sprovveduto passi, ci veda e si accorga che qualcosa sta succedendo. Si potrebbe anche pensare ad un corteo, un presidio (proprio sognando).
Non ho una grandissima esperienza politica, anzi si può dire che non ce l'ho proprio. Queste cose credo per certo siano alla base del successo di qualsiasi gruppo di persone riunitosi con uno scopo condiviso, e se qualcuno non ne fosse stato al corrente mi sembrava giusto informarlo. Probabilmente questo intervento rimarrà una provocazione senza seguito, non mi illudo troppo, ma, visto quanto c'è in gioco, valeva la pena lanciarla. Se non c'è la volontà di far qualcosa in questo senso, allora temo si rimanga ad un livello di influenza decisionale prossimo allo zero... e tanto vale affidarsi agli organi preposti.
Sono in generale d'accordo più o meno con tutto. In particolare condivido il problema della disorganizzazione e della mancanza di comunicazione, che però, a mio avviso, parte dagli organi amministrativi (siamo abituati a doverci informare da soli perchè chi dovrebbe farlo lo fa male, o i canali non funzionano), che è estremamente più grave. Probabilmente sono tropo ottimista, ma non credo che le proposte fatte siano difficili da attuare. In particolare, mi offro di occuparmi personalmente del punto 2, però per il resto c'è bisogno che qualcun altro si faccia avanti. Giorgia, tu saresti disposta a prenderti in carico una delle proposte che fai?
Per l'organizzazione carente direi che il mea culpa è d'obbligo... Per quanto riguarda il punto 4. delle osservazioni proposte da giorgia, penso che sia il caso di mantenere (almeno all'attuale stato degli eventi) un tono "istituzionale". "Se non disturbiamo nessuno ci nota", ma chi ci deve notare? Gli organi d'Ateneo conoscono benissimo la situazione, gli enti locali (chi più chi meno) sono almeno apparentemente dalla nostra parte, se non altro per non buttare via i loro investimenti. Chi altro? La cittadinanza di Como? Personalmente ho l'impressione che alla città di Como (non parlo necessariamente delle istituzioni, parlo della gente) non gliene freghi proprio niente, anzi, come faceva notare il Luca, tratta la nostra facoltà con uno snobismo estremo palesando una sindrome provincialista in stato avanzato, per cui se una cosa non viene dalla "città", quindi almeno da Milano, allora non vale nemmeno la pena di prenderla in considerazione. Cercare appoggi fuori dagli organi istituzionali o dagli enti locali tipo Confindustria e varie emanazioni secondo me da gli stessi esiti di una sessione di pesca sportiva condotta con un rastrello.
Chiedo scusa per il ritardo, purtroppo in questo momento non ho una connessione funzionante a casa e con biblioteche ed università chiuse è un po' dura... Ovviamente io sono ben disposta a partecipare a delle riunioni: tutto parte da lì. Il resto delle cose enumerato (scrittura di lettere, volantini ecc.) va elaborato in una sede di questo tipo. Per quanto riguarda il fatto di dare visibilità alla protesta, io credo che ai comaschi non importi nulla della facoltà di scienze cittadina perchè non hanno idea sia un luogo di studio e ricerca serio, ma pensino sia una specie di laureificio. Se fossero noti a tutti i traguardi raggiunti ed i meriti della facoltà, magari non ci sarebbe questo scetticismo attorno alla nostra sede. È vero: ai comaschi questi dati non interessano a tal punto di interessarsene personalmente (sennò lo saprebbero già). Per questo dobbiamo sbatterglieli in faccia noi! A questo serve il farsi notare di cui parlavo... Si organizza una protesta visibile e poi si mettono di fronte alle motivazioni della cosa i passanti disinteressati.
7 commenti:
allora come è andata?
Io ero presente e posso solo riferire cosa mi sembra di aver capito:
L'intervento del professore Serra Capizzano è stato molto breve a causa di altri impegni. Ha ribadito che la situazione è oggettivamente difficile, e che si è di fronte ad una scelta di razionalizzazione: e questa può essere effettuata in modo intelligente, oppure far finta di niente, e lasciare che le cose degenerino giorno dopo giorno.
Si è riusciti ad inserire la questione a livello politico, sia provinciale che regionale e ministeriale, ma non si è ancora arrivati ad una soluzione.
Il problema principale dell'Insubria è quello di essere vicina agli atenei Milanesi, e da parte dei politici un distacco della facoltà di scienze potrebbe essere una possibile soluzione per risparmiare fondi.
Per risolvere questi problemi bisognerebbe rendere l'università appetibile per investimenti di imprese del territorio, che in questo modo potrebbero avere a disposizione un centro di sviluppo e ricerca molto avanzato.
In definitiva non ci sono novità importanti, ma si evince la volontà di rendere l'università stabile da parte dei vertici di Ateneo, anche se non ci sono ancora proposte concrete.
Infine, il nostro ruolo potrebbe essere quello di manifestare al Rettore, o comunque alle alte sfere, l'interesse da parte degli studenti della propria università, per far capire che a noi interessa il futuro (e il presente) dell'Ateneo.
A seguito dell'intervento, c'è stata una discussione tra gli studenti riguardo a come e perchè manifestare il proprio parere al Rettore. E' stata infatti distribuita una lettera che è stata firmata da alcuni dei presenti in cui si rendeva palese il pensiero degli studenti.
Sono sorte così delle discussioni se una lettera così posta non avesse dei toni un po' troppo emotivi, che non fossero adatti ad una lettera personale rivolta al Rettore. Si è proposto, in alternativa o congiuntamente, di mandare una lettera pubblica ai giornali spiegando la situazione dal punto di vista degli studenti.
Inoltre, data la presenza di un giornalista della provincia, si è discusso del peso molto spesso non equilibrato dato dai giornali alle notizie riguardanti l'università: si tende a tralasciare le notizie positive sull'Ateneo (come il buon piazzamento della facoltà rispetto a sondaggi nazionali) mentre si evidenziano quelle negative, e si tende così a dare una cattiva impressione generale su chi legge. Si è ribadito dicendo che, in tutti i sistemi di informazione, è normale che le notizie negative attirino più l'attenzione di quelle negative, quindi questo è un problema della stampa in generale.
Discutendo su problemi legati all'informazione, è emerso che non sempre le notizie positive riguardanti l'Università vengono divulgate, e quindi vi è la necessità di renderle note al territorio, anche se di questo compito non se ne possono occupare gli studenti.
Grazie Axel, ottimo resoconto.
Anch'io ho partecipato all'assemblea di venerdì. Essendo arrivata con qualche minuto di ritardo mi sono persa quasi del tutto l'intervento di Serra, su cui, quindi , mi astengo da commenti.
Per il resto, un'osservazione la farei.
Premetto subito di non voler accusare niente e nessuno: sono la prima a non aver parecchio tempo da dedicare alla causa tra studio e lavoro, quindi nella critica mi ci metto pure io, sia chiaro.
Dalla riunione dell'altro giorno mi è parsa evidentemente una profonda mancanza di organizzazione. La cosa non mi sorprende, dal momento che l'atteggiamento dello studente medio di scienze è quello di rimanere prono sui libri sempre e comunque: una posizione in cui è facile farsela mettere in quel posto. È proprio così. Sconcertante oltre che paradossale: cosa studi a fare se domani non hai più un università dove fare esami?
Succede dunque che i pochi pochi con un barlume di presa di consapevolezza non possono per forza di cose farsi carico di tutto. Ed il risultato è sotto i nostri occhi.
Preso atto di tutto questo, io la butto lì.
Se c'è davvero volontà di far sentire il nostro dissenso sarebbe necessario cambiare atteggiamento nei modi e nei toni. Faccio un breve elenco delle cose che si potrebbero fare:
1.Costituire una sigla qualunque sotto cui riconoscersi tutti tipo No Chiusura, No Qualcosa, giusto perchè il nome rimanga in mente e di avere un minimo di autonomia.
2.Trovarsi con cadenza settimanale (il che aiuta anche gli scienziati impegnatissimi ad organizzarsi e tenersi un momento libero) e con un ordine del giorno, in modo da sapere ciò di cui si parlerà. Per esempio il prossimo odg potrebbe essere dedicato alla redazione delle lettere per rettore e giornali.
3.Volantinare! Creare una breve volantino esplicativo della situazione e della posizione che gli studenti, i ricercatori, i professori hanno. Scommetto che un sacco di gente non ha idea di quello che sta succedendo. Inoltre ciò potrebbe aiutare a far proseliti.
4.Sin ora la protesta è stata pacata, per non dire istituzionale. Ci si riunisce alle 13.00 per non interrompere la didattica, si chiede un'aula, si esce dalla stessa se è finita l'ora in cui stata prenotata, ma non la discussione. Capisco, siam tutti moderati per indole, ma se non si disturba nessuno, nessuno ci nota. Non dico che si debba occupare, guardiamo in faccia la realtà, però un minimo di intraprendenza non sarebbe male. Per dire, troviamoci al piano -1, o in un open space, in modo che anche qualsiasi sprovveduto passi, ci veda e si accorga che qualcosa sta succedendo. Si potrebbe anche pensare ad un corteo, un presidio (proprio sognando).
Non ho una grandissima esperienza politica, anzi si può dire che non ce l'ho proprio. Queste cose credo per certo siano alla base del successo di qualsiasi gruppo di persone riunitosi con uno scopo condiviso, e se qualcuno non ne fosse stato al corrente mi sembrava giusto informarlo. Probabilmente questo intervento rimarrà una provocazione senza seguito, non mi illudo troppo, ma, visto quanto c'è in gioco, valeva la pena lanciarla. Se non c'è la volontà di far qualcosa in questo senso, allora temo si rimanga ad un livello di influenza decisionale prossimo allo zero... e tanto vale affidarsi agli organi preposti.
Che ne dite?
Sono in generale d'accordo più o meno con tutto. In particolare condivido il problema della disorganizzazione e della mancanza di comunicazione, che però, a mio avviso, parte dagli organi amministrativi (siamo abituati a doverci informare da soli perchè chi dovrebbe farlo lo fa male, o i canali non funzionano), che è estremamente più grave.
Probabilmente sono tropo ottimista, ma non credo che le proposte fatte siano difficili da attuare. In particolare, mi offro di occuparmi personalmente del punto 2, però per il resto c'è bisogno che qualcun altro si faccia avanti. Giorgia, tu saresti disposta a prenderti in carico una delle proposte che fai?
Per l'organizzazione carente direi che il mea culpa è d'obbligo... Per quanto riguarda il punto 4. delle osservazioni proposte da giorgia, penso che sia il caso di mantenere (almeno all'attuale stato degli eventi) un tono "istituzionale". "Se non disturbiamo nessuno ci nota", ma chi ci deve notare? Gli organi d'Ateneo conoscono benissimo la situazione, gli enti locali (chi più chi meno) sono almeno apparentemente dalla nostra parte, se non altro per non buttare via i loro investimenti. Chi altro? La cittadinanza di Como? Personalmente ho l'impressione che alla città di Como (non parlo necessariamente delle istituzioni, parlo della gente) non gliene freghi proprio niente, anzi, come faceva notare il Luca, tratta la nostra facoltà con uno snobismo estremo palesando una sindrome provincialista in stato avanzato, per cui se una cosa non viene dalla "città", quindi almeno da Milano, allora non vale nemmeno la pena di prenderla in considerazione. Cercare appoggi fuori dagli organi istituzionali o dagli enti locali tipo Confindustria e varie emanazioni secondo me da gli stessi esiti di una sessione di pesca sportiva condotta con un rastrello.
Chiedo scusa per il ritardo, purtroppo in questo momento non ho una connessione funzionante a casa e con biblioteche ed università chiuse è un po' dura...
Ovviamente io sono ben disposta a partecipare a delle riunioni: tutto parte da lì. Il resto delle cose enumerato (scrittura di lettere, volantini ecc.) va elaborato in una sede di questo tipo.
Per quanto riguarda il fatto di dare visibilità alla protesta, io credo che ai comaschi non importi nulla della facoltà di scienze cittadina perchè non hanno idea sia un luogo di studio e ricerca serio, ma pensino sia una specie di laureificio. Se fossero noti a tutti i traguardi raggiunti ed i meriti della facoltà, magari non ci sarebbe questo scetticismo attorno alla nostra sede.
È vero: ai comaschi questi dati non interessano a tal punto di interessarsene personalmente (sennò lo saprebbero già). Per questo dobbiamo sbatterglieli in faccia noi!
A questo serve il farsi notare di cui parlavo... Si organizza una protesta visibile e poi si mettono di fronte alle motivazioni della cosa i passanti disinteressati.
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